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Vita artistica e lussuria nel romanzo di T. Williams “La dolce ala della giovinezza”. La rivalsa della “star” ed il fallimento del giovane attore al Quirino di Roma con Elena Sofia Ricci

da Giancarlo Lungarini
Una produzione Fondazione Teatro della Toscana, Best Live. Regia di Pier Luigi Pizzi, con Elena Sofia Ricci e Gabriele Anagni. Fino al 12 febbraio.

Uno dei maggiori scrittori, romanzieri, drammaturghi, poeti e sceneggiatori del ‘900 è stato senza dubbio colui che quasi tutti gli amanti del teatro conoscono con lo pseudonimo di Tennessee Williams, autore di celebri opere quali ”Un tram che si chiama desiderio”, “Lo zoo di vetro”, “La rosa tatuata” e “La notte dell’iguana”. Quest’ultima la compose nella parte discendente della sua attività letteraria, negli anni Cinquanta insieme a due distinti testi teatrali nel 1952 che poi avrebbe rielaborato facendone uno solo con il titolo de “La dolce ala della giovinezza”. Il primo lavoro aveva come argomento principale il confronto tra due attori di genere diverso, una lei non più nel pieno del suo fulgore cinematografico ed un lui più giovane e con risultati modesti o negativi a Broadway ed Hollywood, tanto da doversi ripiegare al ruolo di gigolò grazie alla sua fisicità palestrata ed aerobica, come pure alla graziosa avvenenza ed eleganza giovanile. In questi panni s’innamorava della splendida ragazza che era Heavenly Finley, che era un membro dell’omonima famiglia aristocratica intorno a cui ruotava il secondo copione, che avrebbe trovato in cotale amore il punto d’intreccio e fusione dei due capolavori minori. Siffatta contaminata opera unica teatrale fu rappresentata a Boston nel 1959 per la regia di Elia Kazan riscuotendo parziali consensi e dure critiche per gli scabrosi tema dell’alcolismo, dell’ebbrezza sensuale e sfrenata passione sessuale, con sesso in vendita e cattiva pedagogia etica maschile, che trattava. L’opera era infatti destinata ad un’attrice amica dello stesso Williams di nome Tallulah Bankhead, una delle belle donne inclini al vizio del bere per dimenticare che lui corteggiò e per cui scriveva in modo tale da compiacerle e sedurle con la sua Arte. Furono meravigliosi interpreti della tragicommedia al “Beck Theatre” della capitale dell’Illinois Geraldine Page e Richard Brooks, che poi nel 1962 la portarono anche sul megaschermo. Adesso per conto della Fondazione Teatro della Toscana è il maestro della scenografia e dei costumi dell’alta borghesia di quel tempo, nonché acuto osservatore sociale e spietato psicanalista dei traumi e delle turbe interiori non rimosse, Pier Luigi Pizzi ad allestire sulle tavole del teatro Quirino, dedicato come imperituro omaggio alla memoria del magnifico ed indimenticabile genovese Vittorio Gassman, il dramma che vede tornare la conclamata attrice Alexandra del Lago ed il suo amante virile e sfrontato Chance Wayne in Florida nella città di Saint Cloud sulle rive del Mississippi con opposte finalità : lei per sfuggire alle critiche che temeva gravassero sulla sua ultima prestazione cinematografica ad Hollywood e lui per ricongiungersi al suo vero e profondo amore. Prendono piede in uno sfarzoso albergo in cui lei si registra sotto la falsa identità di principessa Kosmonopolis per non essere disturbata e lui, che la corteggia e le fa da autista sfruttandola pure, viene raggiunto da Tom Finley Junior che l’informa che il corrotto padre Boss lo sta cercando per il guaio fisico che ha combinato alla sorella trasmettendole una malattia venerea che, a causa di un’operazione maldestra, come tante anche oggi per superficialità nell’intervento non ben studiato, come il chirurgo che a Formia ballava mentre aveva il bisturi in mano, le ha prodotto una permanente sterilità che il genitore vorrebbe punire con una terribile vendetta, secondo la legge del “contrappasso” dantesco infernale: la castrazione. La giovane deve sposarsi ugualmente con il suo nuovo fidanzato tra un mese ed è bene quindi che Chance giri alla larga, pertanto non gli resta che cercare con un indomito ardore istintivo riversato su Alexandra di dimenticare le loro patologie interiori, i dolori che li tormentano, i brutti pensieri che li pervadono mentalmente ed abbandonarsi a goduriosi amplessi notturni prolungati per cancellare le ombre e gli spettri che gravano su di loro. Tutta codesta congerie di sentimenti contrastanti, di toni ora dolci, seduttivi e melliflui ed in altri frangenti più accesi ed alterati, ce la fanno vivere due straordinari attori che sono la superlativa Elena Sofia Ricci nella veste della superba e preziosa “Vip” del set che non accetta di considerarsi sul viale del tramonto e lo fa deprecabilmente con un delirio da profonda depressione e nevrastenia schizofrenica ; il giovane fusto tutto d’un pezzo che è Gabriele Anagni, assolutamente credibile per l’età ed il fulgore turgido del suo corpo nella funzione che è destinato a svolgere. Al mattino, dopo l’amore intenso ed il sonno ristoratore, la pièce imbocca la strada dell’inaspettato e sorprendente : lei riceve una telefonata di congratulazione dagli “studios” in quanto il suo film ha battuto incredibilmente ogni record d’incasso, mentre lui , fidando sul sentimento dimostratogli da Alexandra, desidererebbe i suoi soldi e la macchina di lei per andare in giro sfrontatamente a Saint Cloud con arroganza, mostrando tangibilmente i suoi trionfali successi. Tuttavia tra la passione e gli affari c’è un ‘ enorme distanza, i due termini non sempre sono associabili tra loro e dunque Alexandra, aprendo metaforicamente gli occhi, capisce che non può più recarsi nel gran mondo cinematografico di Hollywood con un gigolò degenerato, che le chiede di poter contare su di lei per realizzare i suoi progetti già bocciati ed ancora sognati. Intanto nell’albergo s’avvicendano clienti della “jet society” ed avventori, camerieri ed inservienti, mentre il direttore pretende che la “star” lasci la stanza già occupata più del pattuito e dovuto. Le due strade stanno per separarsi e divaricarsi dato che il fascino seduttivo di Chance è venuto meno e lui , non intendendo lei aiutarlo per non rimetterci onore e dignità, a malincuore deve affrontare la realtà : la sublime giovinezza non gli è servita a nulla, non aveva le qualità e doti innate recitative per sfondare autonomamente, in più la parte di gigolò per guadagnarsi da vivere l’ha deturpato come immagine e messo nei guai con Heavenly, che gli ha fatto visita in hotel per dirgli che tra loro è finita male e non c’è alcuna possibilità di riappacificazione. Alexandra perciò tutta felice e contenta per la stupenda comunicazione ricevuta tornerà gioiosamente indietro, invece a Chance, stravolto dalla desolante, umiliante e completa sconfitta, non rimarrà che fare i conti con la sua coscienza, con il passato e la prevedibile punizione per quanto commesso. Non gli resta che cadere in piedi, pur se con l’intossicazione finale sembra che voglia compiere l’estremo gesto “eroico” dettatogli dalla sua mediocre e latente personalità irrealizzata. Del cast con ruoli comprimari fanno parte pure: C. Degani, F. Francucci, G. Sales, A. Penna, V. Martone, E. Pascale e M. Fanizzi, che sono impeccabilmente dignitosi nei momenti in cui interagiscono con i personaggi principali. La traduzione dall’angloamericano è stata di Masolino D’Amico, con le musiche suggestive dell’epoca di Stefano Mainetti. Lo spettacolo sarà in programmazione al Quirino fino al 12 febbraio.

Giancarlo Lungarini

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Informazioni sulla pubblicazione

Testo inviato da Giancarlo Lungarini
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Diana Millan

Diana Millan

Magistero in Scienze Religiose conseguito presso l'ISSR "Beato Niccolò Stenone" di Pisa, lavoro per comunicati-stampa.net e sono responsabile editoriale di LiquidArte.it. Appassionata di cinema e libri.
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