Luria, che ha vinto il premio Nobel per la medicina nel 1969, è l’unico scienziato ad aver frequentato, rappresentandone in qualche modo una sintesi, le due “scuole” italiane: quella biomedica diretta da Giuseppe Levi a Torino e quella di fisica atomica fondata da Enrico Fermi a Roma.
Costretto a lasciare l’Italia nel 1938 a seguito delle leggi razziali, Luria si trasferisce prima a Parigi e poi, con una fuga rocambolesca, negli Stati Uniti, dove rimodella il nostro modo di pensare alla biologia. Antifascista e pacifista convinto, protesta contro le armi nucleari e la guerra del Vietnam, scontrandosi in più di un’occasione con il clima di censura e repressione del maccartismo. Fare scienza, sosteneva, vuol dire contribuire allo sviluppo culturale, politico e morale dell’umanità: “Gli scienziati hanno, come chiunque altro, le loro opinioni e preferenze, nel lavoro così come nella vita. Tali preferenze non devono influire sull’interpretazione dei dati, ma hanno una decisa importanza nella scelta del modo di accostarsi a un problema”.
L’autrice
Rena Selya, storica e archivista, si occupa di storia della scienza e della medicina. Attualmente lavora presso l’archivio del Cedars-Sinai Medical Center a Los Angeles.
Salvador Luria
Un biologo italiano nell’America della Guerra fredda
di Rena Selya
Collana: Scienza e idee, 363
Raffaello Cortina Editore
Pagine 304
ISBN 9788832855852
Prossima pubblicazione, disponibile dal 21-11-2023