Dopo cinque anni di assenza, ritorna sulle scene l’iconica ed eclettica artista islandese Björk Guðmundsdóttir. Il 30 settembre la One Little Indipendent Records di Londra ha dato alle stampe Fossora, undicesimo album dell’artista di Reykjavík. Il significato del termine “Fossora” è legato alla morte. Il fossore è infatti la persona addetta a scavare le fosse sepolcrali. L’album è parzialmente ispirato alla morte della madre, avvenuta nel 2018. La madre era un’attivista ambientalista.
Nell’album precedente, l’artista sperimentale islandese aveva immaginato un mondo al di là del nostro, mettendo in contrasto immagini eteree, una produzione più soft del solito con le crescenti preoccupazioni per lo stato dell’ambiente e il persistente dolore per il divorzio. In “Fossora” Björk si occupa invece con preoccupazione dei problemi ricorrenti e più impellenti di questo complicato periodo storico, dal decadimento dell’ ambiente,che lei vede dall’ osservatorio privilegiato della sua Islanda, in tutto il suo splendore eppure anch’essa non risparmiata dalle nefande conseguenze dei cambiamenti climatici, sino a meditare sull’effetto debilitante che questa situazione provoca sulle nostre relazioni: non ci prendiamo cura del nostro pianeta, sembra suggerire, perché non ci preoccupiamo di noi stessi e degli altri. Nel bellissimo brano d’apertura, “Atopos”, senza luogo, con un video ambientato tra spelonche e ghiacci islandesi, Björk lamenta l’ incapacità di interconnessione tra le persone. Tra fiati un po’ dissonanti e tamburo Björk cerca di esprimere il suo ottimismo. La voce della Guðmundsdóttir, tipica per il suo incedere forte e spesso apparentemente, ma solo apparentemente, fuori contesto musicale, conferisce alle musiche una ulteriore originalità.
L’artista di Reykjavík si proietta verso territori sonori e concettuali articolati e innovativi, luoghi che in pochi hanno il coraggio di esplorare, con la capacità di portarli anche al successo commerciale.
“Ovule” è un pezzo traboccante, nel quale sono protagonisti trombone, timpani e sequenze di musica elettronica in forte espansione. “Mycelia” è invece contraddistinta da profondi intrecci vocali a cappella, mentre “Allow”, grazie a una perfetta coorte di flautisti, riprende alcune atmosfere angeliche dell’album precedente.
Sostenuta esclusivamente da una linea di basso e dal coro islandese Hamrahlid, “Sorrowful Soil” è accreditata come l’elogio che Björk (diventata recentemente nonna) rivolge alla madre Hildur Rúna, attivista ambientale morta nel 2018.
Insomma un album bello, che offre come sempre spazio all’originalità degli arrangiamenti ed alla voce di questa grande protagonista dell’avant-pop. Noi ci vediamo ed ascoltiamo l’ouverture, “Atopos”.