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La Cappella di Notre-Dame du Haut di Ronchamp

da Paola Nicoli
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Edificata nel 1955 sui resti di un precedente edificio cultuale, la chiesa Notre-Dame du Haut è forse il primo esempio di arcaismo tecnologico della cultura contemporanea.

Una visione variabile.

Le ipotesi di scenari possibili per il futuro, o le descrizioni di mondi immaginari o paralleli, a cui ci hanno abituato la cinematografia e la letteratura degli ultimi anni, comprendono generalmente una fusione di artigianale e di magico, e di tecnologia e costumi arcaici.

Il progetto della cappella di Notre-Dame du Haut attinge a più categorie: dall’immaginario alla religione e dalla tradizione alla tecnologia.

Edificata nel 1955 sui resti di un precedente edificio cultuale, la chiesa Notre-Dame du Haut è forse il primo esempio di arcaismo tecnologico della cultura contemporanea.

L’arrivo a Ronchamp a sessant’anni esatti dalla ricostruzione della cappella, su progetto di Le Corbusier, mette dunque in luce un’anticipazione: il suo progetto (che conserva qualche ricordo di altari pagani) attiene più all’immaginario contemporaneo di un universo parallelo preistorico ragionato, piuttosto che allo splendore industriale della cultura della seconda metà del ventesimo secolo.

Le vele rialzate in calcestruzzo, le superfici irregolari, le forme bombate o concave che sembrano ottenute per escavazione, associate al cemento a vista della copertura, anticipano il filone dell’antichità tecnologica a cui ci siamo col tempo abituati.

La sensazione principale ad una prima visita è il senso di meraviglia: l’effetto sorpresa per le cappelle nascoste che continuano a svilupparsi e a sottrarsi alla vista man mano che ci si muove all’interno della chiesa.

Le cappelle hanno una struttura semi cilindrica e sono disposte intorno alla sala centrale in modo da essere visibili singolarmente, una per una, consentendo solo parzialmente una visione d’insieme. Risultano luoghi appartati, in cui la visione si concentra sulla luce che proviene dall’alto e sulle candele degli altari.

L’impronta monastica di questi ambienti riparati e l’asimmetria della pianta inducono il visitatore ad una associazione intuitiva ad ambienti ipogei.

Si nota un’ analogia con le facciate concave e convesse di Borromini, con le sua false prospettive e ai soffitti composti di forme geometriche concentriche.

All’esterno è lo stesso, la morfologia è irregolare e il percorso intorno alla struttura offre una visione variabile fatta di torri campanarie cilindriche, altari, e pareti ricurve. Una struttura che a tratti ricorda istintivamente forme di monumenti megalitici.

Non ho potuto vedere bene le strutture realizzate da Renzo Piano nel 2011 perché, per via del traffico, sono arrivata un’ora prima della chiusura.

Il dubbio di questa visita veloce è che siano stati conservati la destinazione d’uso e il rapporto con l’ambiente ma che sia mutato lo scopo della costruzione.
Il convento delle Clarisse è nascosto (per non modificare l’assetto della collina e il progetto originario di Le Corbusier ) mentre sono ben visibili la recinzione, la biglietteria e il Bookshop. Per il visitatore di passaggio la collina di Ronchamp risulta dunque a tutti gli effetti un museo.

Paola Nicoli.

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Informazioni sulla pubblicazione

Testo inviato da Paola Nicoli
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Emiliano Cecchi

Emiliano Cecchi

Web Designer per la PuntoWeb.Net sas, mi occupo anche di editoria online sin dal lontano 1996. Già ideatore e curatore di vari portali, sono il co-founder di LiquidArte.it dove svolgo anche il ruolo di content manager. Sono appassionato di storia e di tutto quanto può accrescere la mia cultura.
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