Oggi, venerdì 10 febbraio, il Circolo Culturale “L’Agorà” organizza una conversazione sul tema “Nel ricordo di Giorgio Gaber nel ventennale della morte”. Col suo teatro-canzone Giorgio Gaber ha attraversato quarant’anni cruciali della storia italiana, in una compenetrazione continua tra pezzi di vita pubblica e privata.
Giorgio Gaberscik, in arte Gaber, nasce il 25 gennaio 1939 a Milanodaunafamiglia appartenente alla piccola-media borghesia e proveniente dal Veneto. Il padre era originario di Trieste mentre la madre era slava.Aveva cominciato la sua carriera come pioniere del rock’n’roll negli anni ’50 e che, unendo l’amore per il jazz e per la canzone francese a doti non comuni di entertainer, era diventato uno dei personaggi più amati della musica e della televisione prima di intraprendere un percorso coraggioso e dirompente che lo avrebbe portato a dar vita al Teatro Canzone, una forma del tutto nuova di rappresentazione in cui la canzone e il monologo si fondono in uno spettacolo che per decenni è stato un punto di riferimento necessario per la riflessione collettiva sull’evoluzione e i cambiamenti della società.Esordisce ad un festival jazz del 1954 con il gruppo di Ghigo Agosti «Ghigo e gli arrabbiati», nel 1957 fa parte dei Rock Boys insieme ad Adriano Celentano ed Enzo Jannacci. Successivamente, forma con Luigi Tenco (che si era trasferito a Genova a Milano) Enzo Jannacci, Paolo Tomelleri e Gian Franco Reverberi i RockyMountainsOldTimesStompers. Nel 1958 Giorgio Gaber è con la sua RollingCrew. L’anno successivo con i Due Corsari (con Enzo Jannacci) con il quale formerà gli JaGaBrothers.Scrive insieme a Luigi Tenco quella che è considerata la prima canzone rock in italiano: “Ciao ti dirò” (1958), che gli permette la prima apparizione televisiva (al “Musichiere”, nel 1959).Negli anni Sessanta inizia un sodalizio con Umberto Simonetta, che scrive per lui i testi di canzoni come “La ballata del Cerutti” (1961), “Trani a go-go” (1962), “Porta Romana” e “Le nostre serate” (1963); intanto lavora in teatro con Maria Monti (nel loro repertorio “La balilla”, “Goganga”, “Benzina e cerini”, presentata a Sanremo nel 1961). Fra le altre canzoni di quel periodo vanno ricordate “Non arrossire” e “Le strade di notte” (1961), “Così felice” (1964, in gara a Sanremo) e “Pieni di sonno” (1965). Nel 1966 torna a Sanremo con “Mai, mai, mai Valentina” e l’anno dopo di nuovo con “…E allora dài” (scritta con Franco Battiato, col quale avvia una collaborazione anche come produttore). Nel 1966 partecipa al Festival di Napoli con “’A pizza”. Intanto lavora in televisione come autore e conduttore di spettacoli come “Canzoni di mezza sera” (1962), “Teatrino all’italiana” (1963), “Canzoniere minimo” (1963), “Milano cantata” (1964), “Questo e quello” (1964), “Le nostre serate” (1965), “Diamoci del tu” (1967). Nel 1968, già popolarissimo, pubblica con successo di vendite “Torpedo blu”, una canzone sull’onda del revival degli anni Trenta (e infatti presenta in TV il varietà “Giochiamo agli anni Trenta” (1968). Nello stesso anno pubblica un album impegnato e discusso, L’ASSE DI EQUILIBRIO, che prefigura la svolta del teatro-canzone. Anche i 45 giri cominciano a sfiorare temi sociali, benché in tono sorridente (“Barbera e champagne” e “Com’è bella la città”, 1969). Nel biennio 1969-’70 è protagonista di una tournée teatrale con Mina. Nel 1970 conduce “E noi qui”, varietà televisivo in cui propone alcuni pezzi scritti con Sandro Luporini, che sarà il suo coautore di tutta la produzione di teatro-canzone.Lo spettacolo “Il signor G” debutta il 22 ottobre 1970 a Seregno, nell’ambito del decentramento regionale del Piccolo Teatro di Milano, con la regia di Giuseppe Recchia e la direzione musicale di Giorgio Casellato. Da lì in avanti, la produzione discografica di Giorgio Gaber si limiterà quasi esclusivamente alla registrazione integrale dei suoi spettacoli.Nel novembre del 1980 Gaber pubblica “Io se fossi Dio”, un ‘singolo’ di 14 minuti, poi inserito nello spettacolo “Anni affollati” (1981-’82). Nel 1983 riforma occasionalmente il duo con Enzo Jannacci per l’album JAGA BROTHERS (CGD).Nel 2001, l’album “LA MIA GENERAZIONE HA PERSO” segna il ritorno alla produzione discografica tradizionale (fra i brani “Destra-sinistra” e “Qualcuno era comunista”). Il 1 gennaio 2003 Gaber muore a Montemagno, in Versilia. Esce postumo l’album “IO NON MI SENTO ITALIANO”.
Queste alcune delle cifre che saranno oggetto di analisi a cura di Antonino Megali (vice Presidente del Circolo Culturale “L’Agorà”). Nel corso della conversazione dopo i saluti di Gianni Aiello (Presidente del sodalizio organizzatore) hanno fatto seguito quelli del Sindaco di Milano Giuseppe Sala (lettura di un documento) del Presidente della Fondazione “Giorgio Gaber” Paolo Dal Bon e del noto fotografo e critico musicale Guido Harari. Tenuto conto dei protocolli di sicurezza anti-contagio e dei risultati altalenanti della pandemia di COVID 19 e nel rispetto delle norme del DPCM del 24 ottobre 2020 la conversazione sarà disponibile, sulle varie piattaforme Social Network presenti nella rete, a far data da oggi, venerdì 10 febbraio.