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Cavallo Pazzo: grande guerriero dallo spessore spirituale

Ricordo del grande capo tra i massimi protagonisti nella lotta intrapresa contro lo sterminio dei Nativi Americani
Bruno Pollacci
Photo credits: Bruno Pollacci

Cavallo Pazzo: grande guerriero dallo spessore spirituale

Bruno Pollacci
Photo credits: Bruno Pollacci
Ricordo del grande capo tra i massimi protagonisti nella lotta intrapresa contro lo sterminio dei Nativi Americani

Il 5 Settembre del 1877, a Fort Robinson, nei pressi della città di Crawford, nel Nebraska, U.S.A., moriva il grande capo degli Oglala Lakota (Sioux) Tȟashunka Witko (in inglese Crazy Horse, da noi conosciuto come Cavallo Pazzo). Era nato nella regione del “Bear Butte”, a nord delle Black Hills, in quello che oggi è il Dakota del Sud, presumibilmente negli anni ’40 dell’800. Allevato secondo le grandi tradizioni del suo popolo, abituato alla solitudine ed alla riflessione, da bambino imparò con grande abilità a cavalcare e ad utilizzare l’arco e le frecce, per la caccia e la battaglia. Da adulto sapeva cavalcare a pelo tenendosi alla criniera del cavallo e riusciva a scomparire di fianco al cavallo per non mostrarsi al nemico in battaglia. Divenne un grande difensore del suo Popolo contro l’esercito degli Stati Uniti, che per dare terre ai coloni, invadeva i territori indiani. Distintosi presto per la sua grande audacia e temerarietà in battaglia, a Cavallo Pazzo fu conferito il titolo di “Ogle Tanka Un” (Portatore di Casacca, ovvero “Capo di guerra”). Divenne uno dei massimi protagonisti nella lotta intrapresa contro lo sterminio dei Nativi delle Grandi Pianure, ed anche dopo la rinuncia alla lotta armata da parte di altri grandi capi come Nuvola Rossa e Coda Chiazzata, lui proseguì, insieme all’altro grande capo Toro Seduto. Per comprendere anche il suo spessore spirituale, questa è una sua testimonianza della coscienza dell’unità tra tutte le cose viventi: “Al di là della sofferenza: la Nazione Rossa risorgerà e sarà una benedizione per un mondo malato, un mondo pieno di promesse non mantenute, di egoismo e separazioni. Esisterà una volontà di avere un nuovo modo di vedere e pensare; i colori degli uomini si uniranno sotto l’Albero Sacro della vita e tutta la terra diventerà un nuovo cerchio. In quel giorno, ci saranno quelli tra i Lakota che porteranno la conoscenza e la comprensione di unità tra tutte le cose viventi e i giovani bianchi verranno dalla mia gente a richiedere questa saggezza. Saluto la luce nei tuoi occhi in cui abita l’intero Universo. Perché quando ti trovi in quel centro dentro di te e io sono quel luogo dentro di me, ci deve essere uno”.

Questa frase fu espressa mentre era seduto a fumare la Sacra Pipa con Toro Seduto per l’ultima volta, quattro giorni prima di essere assassinato, all’ipotetica età di 37 anni. Questa mia opera a sanguigna acquerellata è in suo omaggio e memoria.

Bruno Pollacci
Direttore dell’Accademia d’Arte di Pisa

Informazioni sulla pubblicazione

Testo inviato da Bruno Pollacci
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Bruno Pollacci

Bruno Pollacci

Pittore. Nato a Lucca nel 1954, vive e lavora a Pisa. Ha conseguito il Diploma di Maturità Artistica presso il Liceo Artistico Statale di Lucca ed ha frequentato l'Accademia di Belle Arti di Firenze sotto la guida del Maestro Fernando Farulli. Ha iniziato l'attività artistica nel 1968. Nel 1978, con il pittore Marco Menghelli, ha fondato l'Accademia d'Arte di Pisa, che tutt'ora dirige e nella quale insegna Pittura e Disegno.
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