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La VIDEOMUSIC, regina televisiva dimenticata degli anni Ottanta

Il videoclip musicale si impose come fenomeno di massa negli anni Ottanta, ma poi è caduto in disuso. Vediamo come e perché.
Girl playing the synthesizer. Music creation in a recording studio.

La VIDEOMUSIC, regina televisiva dimenticata degli anni Ottanta

Girl playing the synthesizer. Music creation in a recording studio.
Il videoclip musicale si impose come fenomeno di massa negli anni Ottanta, ma poi è caduto in disuso. Vediamo come e perché.

Per prima cosa, c’è da dire che, nonostante la notorietà che la videomusic ebbe negli anni Ottanta, sia in Italia che all’Estero, non fu mai oggetto di riflessioni teoriche e fu fenomeno snobbato dai critici cinematografici, tranne poche eccezioni (ricordiamo ad esempio quel “Fotoromanza” di Gianna Nannini diretto nel 1984 da Michelangelo Antonioni). All’Università di Pisa furono però elaborate due tesi di laurea presso la cattedra di Storia e critica del cinema, una, purtroppo mai discussa, dalla studentessa Elisabetta Cosci e l’altra ad opera del sottoscritto, discussa nel 1992, “Guardare la musica: relazioni e intrecci tra cinema e video musicale” – relatore prof. Lorenzo Cuccu – correlatore dr.ssa Sandra Lischi. La difficoltà principale nell’elaborare dette tesi fu soprattutto l’assenza di testi teorici sul fenomeno videomusicale di massa costituito dalla videomusic, per cui la bibliografia, pur essendo costituita da numerosi testi di argomenti correlati, manca appunto di testi specifici sull’argomento.

Le origini

Non potendo esaminare il fenomeno dal punto di vista teorico, affrontiamolo sotto l’aspetto storico. Di video musicali ne sono stati prodotti in numero considerevole già negli anni Sessanta (ad esempio Strawberry Fields Forever, dei Beatles) ma il primo video musicale promozionale viene considerato “Bohemian Rhapsody” dei Queen, realizzato nel 1975. Quello però che viene considerato il primo videoclip promozionale vero e proprio viene realizzato nel 1979 dal regista australiano Russel Mulcahy ed è “Video Killed The Radio Star” dei Buggles. Da questo momento in poi, inizia la produzione e la fruizione dei videoclip musicali promozionali come fenomeno di massa.

Gli anni Ottanta e il boom della videomusic come fenomeno di massa

Il videoclip, si noti bene, ha inizialmente la funzione di spot pubblicitario per la canzone che visualizza. Cantanti e discografici si accorgono che la canzone vende un maggior numero di dischi se c’è un videoclip che ha passaggi in televisione, per cui, all’epoca, la realizzazione di videoclip diventa praticamente un obbligo ogni volta che si vuole lanciare un nuovo disco, poco importa se in vinile o nel nuovo formato del compact disc. Questo nuovo fenomeno diventa di massa con l’istituzione di canali televisivi specializzati che trasmettono soltanto videoclip: MTV negli Stati Uniti ed altri Paesi e Videomusic in Italia. Lo spettatore, nella fattispecie giovanissimo, ha quindi la possibilità di vedere videoclip musicali promozionali per 24 ore su 24 a qualsiasi ora voglia sintonizzarsi, come oggi avviene con YouTube. Negli anni Ottanta questi canali televisivi monotematici costituiscono una novità e, anche se inizialmente trasmettono in chiaro, preludono alle pay TV che prenderanno piede dagli anni Novanta in poi. In Italia, la prima fu Telepiù che era costituita da due canali, uno dei quali trasmetteva eventi sportivi in esclusiva e l’altro film senza interruzioni pubblicitarie, cosa che oggi viene fatta, ad esempio, da Netflix che è una TV on demand, sistema per cui lo spettatore può scegliere personalmente il film al quale vuole assistere, anziché stare ai comodi del palinsesto dell’ emittente.

Le novità introdotte dalla videomusic

Ma, tornando al videoclip musicale, cos’è che rappresenta una novità in esso? La storia. Se proviamo a guardare uno dei videoclip delle origini privandolo della colonna sonora, sembra di assistere ad un cortometraggio muto, proprio perché nei primi videoclip degli anni Ottanta la novità era rappresentata da una storia che nel videoclip veniva narrata attraverso le immagini, spesso indipendente dalla canzone che aveva il compito di illustrare. Ecco, quindi che il cantante diventa anche attore o ballerino, come nel caso di “Thriller” di Michael Jackson che è forse il video musicale più famoso di tutti i tempi, oppure si inframezzano le riprese degli attori con quelle del cantante che canta. I video furono poi arricchiti anche da effetti speciali e diventarono un prodotto a sé rispetto alla canzone. Insomma, una novità che ben presto diventa un fenomeno di massa.

Cosa è accaduto negli anni Novanta?

Negli anni Novanta assistiamo a un declino della videomusic. Innanzitutto, bisogna segnalare che, a parte eccezioni riguardanti artisti internazionali, negli anni Ottanta in Italia, ad esempio, la produzione di videoclip era affidata a piccole case di produzione indipendenti che però realizzavano prodotti di qualità. Ad esempio, il video “Una notte in Italia” di Ivano Fossati, prodotto dalla casa di produzione fiorentina Larione 10 con la regia di Fabio Bianchini e Alessandro Salaorni, arrivò addirittura negli Stati Uniti dove fu candidato al Grammy come miglior videoclip. Con l’inizio degli anni Novanta, però, i videoclip musicali divengono un piatto appetibile per le grosse case di produzione cinematografica che fino ad allora avevano ignorato il genere. Queste case di produzione erano in grado di fornire fino a dieci soggetti al giorno per realizzare il videoclip della stessa canzone, ma si trattava di soggetti standardizzati in cui prevalevano le riprese del cantante che canta o dei musicisti che suonano. Inoltre, i cantanti stessi preferiscono prendere le distanze dai videoclip a soggetto, per paura che questi sminuiscano la loro immagine di musicisti in grado di suonare dal vivo. Come ebbe a dichiarare Simon LeBon in un’intervista televisiva, i troppi effetti speciali dei video realizzati fino a quel momento dai Duran Duran, (ricordiamo LeBon Legato alle pale del mulino in “Wild Boys”) davano al pubblico l’idea che fossero un gruppo da video con conseguente calo di presenze ai concerti live. Per questa ragione i Duran Duran decisero di realizzare, da quel momento in poi, videoclip nei quali suonavano e basta. Questa tendenza è stata ripresa dalla stragrande maggioranza dei cantanti ed è arrivata fino ai giorni nostri, anche perché, col fatto che, con l’avanzare della tecnologia digitale, è sempre più diffusa la pirateria musicale, il grosso dei proventi ai cantanti non deriva più dalla vendita dei “dischi” ma dai concerti dal vivo.

Per quel che riguarda le principali emittenti televisive, queste chiusero venendo a mancare l’interesse per i videoclip da parte degli spettatori e in seguito sono state sostituite da YouTube che permette di guardare video on demand.

In conclusione, la videomusic è stata un fenomeno di massa, soprattutto negli anni Ottanta ma è andata poi declinando nel decennio successivo. Rimane però una vasta produzione di video molto interessanti anche sotto l’aspetto teorico che per fortuna possiamo ancora vedere grazie ad Internet.

Lo special realizzato dall’emittente Videomusic sulla mia tesi di laurea:

 



Informazioni sulla pubblicazione

Testo inviato da Raimondo Banchetti
Raimondo Banchetti

Raimondo Banchetti

Laureato in lettere ad indirizzo storico-artistico, appassionato di musica, ha studiato diversi strumenti, sia a fiato che a corda.
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